...perché le pupille abituate a copiare
inventino i mondi sui quali guardare.

sabato 23 ottobre 2010

Le ritirate senza via di fuga.

Lei lo trascina fuori dalla festa. Lontano.
Finalmente gli ululati degli ubriachi si placano.
Vogliono stringersi e baciarsi.
Inteneriti dall'affetto, sciolti dalla foga, non riescono più a camminare. Ogni loro passo si smorza in un abbraccio.
Lui vorrebbe essere ancora più distante; avverte con fastidio come tutto e tutti siano troppo vicini. Ma non trova un altrove. Le strade festanti sono ricolme di gente e la luce deborda da ogni finestra. Nessun angolo d'ombra all'orizzonte. All'improvviso intuisce che esattamente come per lei la festa era troppo chiassosa, troppo sfrenata, troppo festa, così per lui ora la citta è troppo illuminata, troppo abitata, troppo città.
Le ritirate senza via di fuga non sono sempre patetiche, soprattutto quando ti accorgi che costituiscono il tuo solo istante di respiro in una prolungata apnea di protocollare distanza.
E adori quando lei ti si stringe vicina, quando avverti la sua necessità di sentire la tua pelle, il tuo corpo. Non è libidine, nè volgare brama, ma la felicità di scoprire libera in lei la passione che ogni giorno misura e raffrena. Ti perdi nei suoi occhi verdi che luccicano come non mai, nel suo sorriso abbandonato e nelle sue mani, tese su di te come onde di alta marea.
Poi tutto sfuma.
Lui si ritrova a tentare di annegare in un bicchiere amaro la bellezza sfuggente.
Sconfitto, abbandona il drink sul bancone e barcollante se ne va tra gli ubriachi.
Forse stanotte riuscirà a non stare male.

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