...perché le pupille abituate a copiare
inventino i mondi sui quali guardare.

mercoledì 31 agosto 2011

Ciao.


Quando la luna perde la lana
e il passero la strada
quando ogni angelo è alla catena
ed ogni cane abbaia
prendi la tua tristezza in mano
e soffiala nel fiume
vesti di foglie il tuo dolore
e coprilo di piume.

(Canto del servo pastore, F. De Andrè)

giovedì 25 agosto 2011

Era il 1996...

Estratti dal mio diario segreto, II B, 1996.


23/06/1996
Oggi è il mio compleanno e ho ricevuto molti regali e fra questi quello che mi è piaciuto di più è stato un libro di situazioni intitolato "Il castello del brivido".
Ho invitato molti miei amici e insieme abbiamo festeggiato un bellissimo compleanno.



25/06/1996
Oggi ho visto un bellissimo arcobaleno, sono corsa a telefonare alla nonna per dirle di guardare alla finestra, perché c'era l'arcobaleno. Ma chissà...se gli gnomi avevano pronta la pentola?


28/06/1996
Oggi sono andata per la prima volta in aereo. Il signore che lo pilotava si chiamava Angelo. Il giro è stato piuttosto lungo. Alla fine del giro il pilota ci ha offerto da bere.


30/06/1996
Oggi i miei nonni mi hanno portata a Milano. Ho visitato due chiese e ho passeggiato sopra il Naviglio. Ho mangiato e dopo sono andata al Duomo.


20/07/1996
Oggi ho festeggiato il compleanno di una mia amica. Si chiama Beatrice. Compie sette anni ed è la mia migliore amica. Abbiamo mangiato la pizza e la torta insieme.


2/08/1996
Oggi i miei nonni partono per l'America. Io sono tornata da pochi giorni e i nonni partono, però qualche volta ci telefoneranno.


5/08/1996
Oggi mi sono sentita male. Ho mal di testa e ho vomitato due volte. Domani curerò quello che mangerò.


10/08/1996
Stasera dovevo andare con il papà a vedere le stelle cadenti. Purtroppo ha fatto brutto tempo e non sono andata, però ho rimandato a un giorno della settimana.


19/08/1996
Oggi sono andata al mercato con la mia mamma e la nonna bis. Dopo aver girato per il mercato ho comprato il Topolino e sono andata a casa e ho trovato mia cugina.
Nel pomeriggio è venuta Ilaria a giocare a casa mia per tre ore. Quando è andata via sono andata dai miei zii a mangiare il pesce insieme a mio fratello.



22/08/1996
Oggi è venuta ancora a trovarmi e a giocare con me Ilaria. Ci siamo divertite un mondo. Il tempo è volato e lei è tornata a casa sua.


28/08/1996
Stasera mia zia mi ha portata al cinema a vedere Balto. Balto è basato su una storia vera. Questo simpatico personaggio insieme ai suoi amici deve portare a destinazione delle medicine in paese per salvare i bambini. Ma il capo del gruppo dei cani da slitta non lo vuole con lui. Ce la farà?

lunedì 22 agosto 2011

Mr Verdoux nel terzo millennio.


Inizialmente ti appresti a vedere un film così "antico" con quella superficialità bonaria che riservi per i momenti in cui giochi con i bambini. La tua prima preoccupazione è che l'ingenua lentezza di un'età troppo distante non ti annoi eccessivamente. Poi una rivelazione. O meglio, una riscoperta. La consunzione del tempo non riguarda le creazioni del genio: chiunque ne abbia il desiderio le può godere, in qualsiasi epoca.
E come un idiota supponente ti trovi a rimpiangere di non avere mai avuto prima la curiosità di accostarti a Charlie Chaplin. Pazienza. Quello che mi premeva scrivere è un mero invito a vedere (o rivedere) un autentico capolavoro, Monsieur Verdoux, film del 1947. Crisi economica, incertezza del futuro, futilità borghese, spirito di sacrificio, amore, condanna della guerra e dell'invisibile violenza che permea e sostanzia la società. Mr Verdoux è tutto questo, ma soprattutto una storia tragicomica che diverte, fa riflettere e non ha momenti di stanca, bensì di lirismo e di sublime. Nessuno creda di trovare delle risposte, però. Si trovano solo delle questioni così ben poste che ancor oggi non saprei rinvenire una replica adeguata. Ma non è questo, insieme alla bellezza, lo scopo ultimo dell'arte?

sabato 13 agosto 2011

Aspettando Godot.




                                                                                                                                  Quino

Notturno.

















All'orecchio

Se vuoi baciarmi... bacia,
- io condivido i tuoi desideri -
Però non fare prigioniera la mia bocca,
Baciami adagio negli occhi
Non mi parlare di incantesimi
Dei tuoi baci sul collo...
Ora sono gelosi i miei ricci
Accarezzami i capelli,
E' cosa giusta pure per te e
Se i tuoi occhi sono parole,
Mi daranno, uno ad uno,
I pensieri che elabori.
Poggia la tua mano tra le mie:
Tremeranno come un canarino
E ascolteremo le sinfonie
Di qualche amore millenario.
Questa è una notte morta
Sotto il tetto astrale.
L'orto è muto
Come un sogno letale.
Ha una sfumatura di alabastro.
Ed un mistero di pagoda.
Guarda la luce di quell'astro!
Ce l'ho nell'anima tutta!
Silenzio... silenzio... Taci!
Perfino l'acqua scorre a stento,
Sotto il suo verde schermo
Si acquieta misurata la sabbia
Ohi! Che profumo così fino!
Non baciare le mie labbra rosse!
Nella notte di platino
Baciami adagio negli occhi...

Da Alfonsina Storni, La inquietud del rosal, 1916

Il rito.

Il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro.


Pier Paolo Pasolini

martedì 9 agosto 2011

Consigli agli scrittori per "bambini".



Penso che ci siano tre modi in cui gli scrittori per l'infanzia possono affrontare il proprio lavoro: due buoni e uno che di solito si rivela cattivo. Ho familiarizzato col cattivo piuttosto di recente, grazie a due testimoni involontari. La prima è una signora che mi ha inviato il manoscritto di un racconto in cui una fata mette a disposizione di un bambino un  congegno meraviglioso. Dico "congegno" perché non si tratta di un anello magico, di un mantello o altro oggetto tradizionale: è una macchina dotata di leve e pulsanti che bisogna premere. Ne premi uno e ottieni un gelato, un altro e appare un cucciolo, eccetera. Ho detto all'autrice, in tutta sincerità, che questo genere di cose non m'interessa. "Neanche a me" ha ammesso la signora "anzi mi irrita, ma è quello che vogliono i bambini moderni". L'altra testimonianza è la seguente. Nel primo libro di Narnia ho descritto con una certa abbondanza di particolari un tè completo che il fauno ospitale offre alla piccola protagonista. Un mio conoscente, padre di figli, ha osservato: "Capisco perchè ha inserito quell'episodio. Per compiacere il pubblico adulto bisogna scrivere di sesso, ma trattandosi di bambini lei avrà pensato: "Cosa posso dargli in cambio? Trovato, le ghiottonerie. A tutti i bambini piacciono le cose buone". In realtà mangiare e bere piace molto anche a me. Scrivo quello che mi sarebbe piaciuto trovare nei libri quando ero ragazzo e quello che mi piace leggere ancora adesso, a cinquant'anni. (...) Il secondo metodo di scrittura ricorda il primo, ma si tratta di una somiglianza superficiale: è quello adottato da Lewis Carrol, Kenneth Grahame, Tolkien. In questo caso il racconto scritto è sviluppo di quello narrato a voce a un bambino reale, spesso in modo estemporaneo. Somiglia al primo modo perché cerca senza dubbio di dare al bambino quello che vuole, ma l'ascoltatore è una persona concreta e specifica, un ragazzo diverso dagli altri ragazzi. In queste condizioni l'atteggiamento che considera i "bambini" come una specie curiosa, i cui desideri vanno stabiliti da noi come se fossimo antropologi o viaggiatori di commercio, non può funzionare; trovandoci faccia a faccia col nostro ascoltatore, sospetto che non sarebbe possibile dargli qualcosa che gli piaccia, ma che noi stessi consideriamo con  indifferenza e disprezzo. Il bambino se ne accorgerebbe e capirebbe di avere a che fare con la mentalità di un adulto, mentre il narratore finirebbe col sentirsi in imbarazzo. Quando si racconta una storia a voce, per farla vivere, la natura del narratore e dell'ascoltatore risultano in una personalità composita. Il terzo modo, l'unico che sia in grado di mettere a frutto personalmente, consiste nello scrivere un racconto per l'infanzia semplicemente perchè la forma migliore per esprimere quello che si ha da dire, proprio come un compositore che, creando una marcia funebre, non lo fa perchè ci sia un funerale in vista, ma perchè determinate idee musicali si adattano meglio a quella forma. (...)
I critici che usano l'aggettivo "adulto" come un complimento anziché come un semplice termine descrittivo, non possono essere considerati adulti in prima persona. Preoccuparsi di sembrarlo, ammirare le cose dei grandi perché sono da grandi, arrossire al sospetto di passare per infantili sono i classici segni della fanciullezza e dell'adolescenza. (...) Quando avevo dieci anni leggevo le fiabe di nascosto e mi sarei vergognato di essere scoperto; ora ne ho più di cinquanta e le leggo apertamente. Diventato uomo ho messo da parte le paure infantili, compresa quella di sembrare infantile e il desiderio di mostrare che sono cresciuto. (...) Ci accusano di arresto dello sviluppo perché non abbiamo perso i gusti che avevamo da ragazzi, ma l'autentico arresto non può consistere nel rifiuto di abbandonare un patrimonio, bensì in quello di acquisirne uno nuovo. Oggi mi piace il vino bianco che da ragazzo non avrei apprezzato, ma continua a piacermi la limonata. E' un processo di crescita nel quale mi sono arricchito: dove prima conoscevo un solo gusto ora ne conosco due. Se per acquisire il piacere del vino avessi dovuto perdere quello di una spremuta di limoni, non si sarebbe trattato di crescita, ma di semplice cambiamento. (...) Un albero cresce perché si formano nuovi anelli, un treno che lascia una stazione per arrivare alla prossima non cresce affatto; ma il caso di cui ci occupiamo è ancora più evidente e complesso. Penso che la mia crescita personale si manifesti sia quando rileggo le fiabe che quando affronto i romanzieri, perché oggi sono in grado di apprezzare la fiaba più di quanto fosse possibile nell'infanzia: essendo in grado di vederci più cose, ne traggo maggiore soddisfazione.


Tratto da C.S. Lewis, Tre modi di scrivere per l'infanzia, traduzione di Giuseppe Lippi.