...perché le pupille abituate a copiare
inventino i mondi sui quali guardare.

mercoledì 23 novembre 2011

Fantasia

Marc Chagall - Il violinista verde
"Il problema basilare quindi, per lo sviluppo della fantasia, è l'aumento della conoscenza, per permettere un maggior numero di relazioni possibili tra un maggior numero di dati. Questo naturalmente non significa che, automaticamente, una persona molto colta sia anche una persona con molta fantasia. No di certo. Ci sono persone che hanno memorizzato una quantità enorme di dati, e che per altre persone passano come persone molto intelligenti, invece si tratta solo di memoria. Se queste persone non fanno relazioni tra quello che sanno, non usano la fantasia, resteranno come un meraviglioso magazzino di dati inerti. Come un dizionario che ha tutte le parole con le quali costruire ogni poesia, ma non ha nemmeno una poesia. Uno strumento non utilizzato."

Bruno Munari - Fantasia, 1977


Per dare un senso a ciò che ha occupato la mia vita per la maggior parte del tempo che ho vissuto: lo studio, la scoperta di cose nuove
Per ricordarmi un motivo, ora che sto terminando con una seconda laurea questo percorso guidato, iniziato alla scuola materna: per provare sempre il desiderio (de sidera, discendiamo dalle stelle!) di imparare. Con lo spirito giusto, che era quello delle paroline magiche, quello che, anni fa, mi hai trasmesso tu.

mercoledì 16 novembre 2011

Il giorno della civetta.

Cos'è l'Italia, cosa sono questi giorni? Qual è la linea di confine tra ragione e caos, tra legge e costume, tra bene e male? E' sufficiente un breve racconto a segnare il solco. E uno stile di nobile eleganza, disincantato per eccesso di umanità. Dietro la carta sottile di poche pagine si schiudono diafani e leggeri un'isola e un paese, secoli di storia. Basta questo, per scrivere un classico.


domenica 13 novembre 2011

Viva Benigni, viva l'Italia.

Non condivido l'ottimismo e il senso "millenaristico" che si respirano in questi giorni. Mi sembrano prematuri, più emotivi che ragionati. I presupposti della barbarie degli ultimi decenni non sono ancora stati rimossi o superati. Anche dimenticando il fatto che la quintessenza del potere, ovvero i media, non è stata minimamente scalfita, dobbiamo tenere ben presente che il "berlusconismo" è vivo: si tratta di una malattia troppo radicata nella società, nello spirito italiano, perché un singolo evento, per quanto importante, possa cancellarla. Come riportava Giorgio Gaber: "Non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me". E per lavarci l'anima da questo, avremo bisogno d'anni.
In ogni caso segnali più luminosi non mancano. Primo tra tutti, il commovente discorso di Benigni al parlamento europeo, un'apologia dell'Italia che, sulle ali della passione, si trasforma in elogio del lato migliore dell'umanità, di quella metà angelica che sopravvive nell'anima umana. Un caldo raggio di sole nel buio dell'inverno.



sabato 12 novembre 2011

Il mondo brucia sempre da un'altra parte.


L'ideale.

Non saranno mai queste bellezze
da vignetta, prodotti avariati, nati
da un secolo cialtrone, questi piedi
da stivaletto, dita da nacchere,
a soddisfare un cuore come il mio.
Io lascio a Gavarnì, poeta di clorosi,
la folla bisbigliante di belle da ospedale,
perché tra queste rose pallide non trovo
un fiore che assomigli al mio rosso ideale.
Ciò che serve a questo cuore, profondo
come l'abisso, siete voi, Lady Macbeth,
anima possente nel crimine, sogno
di Eschilo schiuso in climi nordici;
oppure tu, grande Notte, figlia di Michelangelo,
che torci quietamente in una strana posa
le tue forme, foggiate per bocche di Titani!


Charles Baudelaire

venerdì 11 novembre 2011

Le due città.

Città vecchia


Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene e che va
dall’osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via. 

Umberto Saba


Città vecchia




Fabrizio De André

Da Agostino in poi, a molti è piaciuto credere che sulla terra esistano e combattano tra loro due città, ovvero la Città di Dio (Civitas Dei) e quella terrena (Civitas Diaboli). La prima è ovviamente destinata alla gloria eterna, la seconda ad un'infinita dannazione. 
Due poeti, però, si sono presi la briga di perdersi nei meandri oscuri della "vecchia" Città del Diavolo. E sono usciti con una nuova verità. Esiste una sola città e il Paradiso, quello vero, dimora nel cuore dell'Inferno.


giovedì 3 novembre 2011

Sdegno e informazione.

Riporto qui un mio scritto che risale a mesi fa, prima dell'esplosione del movimento degli indignados. Condivisibili o contestabili che siano le conclusioni tratte, è necessario che ciascuno di noi rifletta sulle questioni che esso solleva, perché sono - urgentemente e drammaticamente - res-publica, cosa di tutti noi ...


"Seguo con disincantata apprensione le vicende politiche, economiche e sociali del mio paese. Ogni volta che lancio uno sguardo alla sua storia recente, mi pare di trovarmi davanti ad un abisso che si allarga senza sosta, lentamente, divorando ciò che incontra. 
Non riesco a trovare veri redentori nei paraggi, ma solo persone che saranno pronte a discolparsi quando il peggio sarà inevitabile. 
La triste realtà è forse la tragica (spesso inconscia) complicità della maggioranza un popolo affogato nell'idiozia. 
Nonostante tutto, credo ancora nell'esistenza di due soluzioni per tentare di combattere l'Inferno in cui ci dibattiamo. 
La prima è lo sdegno, la capacità di sapersi ancora arrabbiare, di non lasciare scorrere via ogni cosa. La televisione e la pubblicità sono maestre d'indifferenza, di un'amoralità ebete che sa soltanto riempirsi la bocca di luoghi comuni e strumentali a dibattiti sterili.
Persino la rabbia della gente è oramai veicolata, calcolata, sfruttata. 
E i risvegli della coscienza popolare assumono sovente le parvenze dell'indignazione.
E qui è necessaria una linea di demarcazione terminologica e, conseguentemente, concettuale.
L'indignazione è infatti simile ad un urlo, liberatorio e minaccioso, ma breve e inefficace;  non tocca i pilastri di una realtà composta di sopraffazioni e di bocconi amari.
Se l'indignazione si fonda su una reazione irrazionale (e spesso provocata a bella posta), lo sdegno - concetto più nobile - proviene dalla constatazione razionale e lucida del reale, che desta nell'animo una volontà di denuncia e di cambiamento.
Pertanto, richiamando il mio paese allo sdegno, invoco quel nobile sentimento che infiamma Dante quando dice:  "Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, /non donna di province, ma bordello!". 
O Machiavelli:  "Non si debba, adunque, lasciare passare questa occasione, acciò che l'Italia, dopo tanto tempo, vegga uno suo redentore."
La seconda soluzione è invece l'informazione. 
Essa precede logicamente lo sdegno, perché solo chi conosce una situazione la può giudicare, ma al contempo è una sua conseguenza, perché solo chi è mosso da una grande forza di volontà è spinto ad informarsi. 
E informarsi significa infatti "assumere una forma", decidere quale sguardo gettare sul mondo e dove volgere le nostre orme.
La verità è che l'italiano moderno può accedere ad un oceano di nozioni o notizie superflue, ma non è sempre in grado di decodificare la realtà: come se da sempre fossimo estranei al mondo che ci circonda e a noi stessi.
Per questo bisogna tornare ad avvertire la necessità di una selezione delle notizie, bisogna rifiutare la scaletta che ci propone il telegiornale, la gerarchia implicita nelle pagine dei giornali.
Dobbiamo vivere la dolce fatica di creare una nostra opinione e, in questo modo, ricominciare a sdegnarci, a sognare, ad agire."

mercoledì 2 novembre 2011

Il lampo della bocca.


Migliaia d'uomini prima di me,
ed anche più di me carichi d'anni,
mortalmente ferì
il lampo d'una bocca.

Questo non è motivo
Che attenuerà il soffrire.

Ma se mi guardi con pietà,
e mi parli, si diffonde una musica, 
dimentico che brucia la ferita.


Giuseppe Ungaretti

Raccogli queste ali infrante e impara a volare.



Merlo che canti nel silenzio notturno,
raccogli queste ali infrante e impara a volare,
per tutta la tua vita,
stavi solo attendendo che questo momento arrivasse.
Merlo che canti quando tace la notte,
prendi questi occhi scavati e impara a vedere,
per tutta la tua vita,
stavi solo attendendo questo momento
per diventare libero.
Vola, merlo,  lungo la via
di una notte nera e buia.
Stavi solo attendendo questo momento
per sollevarti.