...perché le pupille abituate a copiare
inventino i mondi sui quali guardare.

giovedì 3 novembre 2011

Sdegno e informazione.

Riporto qui un mio scritto che risale a mesi fa, prima dell'esplosione del movimento degli indignados. Condivisibili o contestabili che siano le conclusioni tratte, è necessario che ciascuno di noi rifletta sulle questioni che esso solleva, perché sono - urgentemente e drammaticamente - res-publica, cosa di tutti noi ...


"Seguo con disincantata apprensione le vicende politiche, economiche e sociali del mio paese. Ogni volta che lancio uno sguardo alla sua storia recente, mi pare di trovarmi davanti ad un abisso che si allarga senza sosta, lentamente, divorando ciò che incontra. 
Non riesco a trovare veri redentori nei paraggi, ma solo persone che saranno pronte a discolparsi quando il peggio sarà inevitabile. 
La triste realtà è forse la tragica (spesso inconscia) complicità della maggioranza un popolo affogato nell'idiozia. 
Nonostante tutto, credo ancora nell'esistenza di due soluzioni per tentare di combattere l'Inferno in cui ci dibattiamo. 
La prima è lo sdegno, la capacità di sapersi ancora arrabbiare, di non lasciare scorrere via ogni cosa. La televisione e la pubblicità sono maestre d'indifferenza, di un'amoralità ebete che sa soltanto riempirsi la bocca di luoghi comuni e strumentali a dibattiti sterili.
Persino la rabbia della gente è oramai veicolata, calcolata, sfruttata. 
E i risvegli della coscienza popolare assumono sovente le parvenze dell'indignazione.
E qui è necessaria una linea di demarcazione terminologica e, conseguentemente, concettuale.
L'indignazione è infatti simile ad un urlo, liberatorio e minaccioso, ma breve e inefficace;  non tocca i pilastri di una realtà composta di sopraffazioni e di bocconi amari.
Se l'indignazione si fonda su una reazione irrazionale (e spesso provocata a bella posta), lo sdegno - concetto più nobile - proviene dalla constatazione razionale e lucida del reale, che desta nell'animo una volontà di denuncia e di cambiamento.
Pertanto, richiamando il mio paese allo sdegno, invoco quel nobile sentimento che infiamma Dante quando dice:  "Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, /non donna di province, ma bordello!". 
O Machiavelli:  "Non si debba, adunque, lasciare passare questa occasione, acciò che l'Italia, dopo tanto tempo, vegga uno suo redentore."
La seconda soluzione è invece l'informazione. 
Essa precede logicamente lo sdegno, perché solo chi conosce una situazione la può giudicare, ma al contempo è una sua conseguenza, perché solo chi è mosso da una grande forza di volontà è spinto ad informarsi. 
E informarsi significa infatti "assumere una forma", decidere quale sguardo gettare sul mondo e dove volgere le nostre orme.
La verità è che l'italiano moderno può accedere ad un oceano di nozioni o notizie superflue, ma non è sempre in grado di decodificare la realtà: come se da sempre fossimo estranei al mondo che ci circonda e a noi stessi.
Per questo bisogna tornare ad avvertire la necessità di una selezione delle notizie, bisogna rifiutare la scaletta che ci propone il telegiornale, la gerarchia implicita nelle pagine dei giornali.
Dobbiamo vivere la dolce fatica di creare una nostra opinione e, in questo modo, ricominciare a sdegnarci, a sognare, ad agire."

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