...perché le pupille abituate a copiare
inventino i mondi sui quali guardare.

sabato 23 ottobre 2010

Il senso di Majakovskij.

Ancora Pietroburgo
Negli orecchi i frantumi d'un accaldato ballo
e da Nord - più canuta della neve - una nebbia
dal viso di cannibale assetato di sangue
masticava gli insipidi passanti.
Le ore incombevano come un volgare insulto,
incombono le cinque e sono poi
le sei. Ci sta ad osservare dal cielo una canaglia
maestosamente come un Lev Tolstoj.


Il poeta mi accompagna in un mondo di impressioni vivide e confuse, in un'orgia di sensazioni; all'eco indistinta del ballo si sovrappone l'ansia bianca di una nebbia incombente, che sazia le pupille e deborda dall'anima. Poi il tempo e la volgarità, mano nella mano, incedono signorilmente sulla nostra pelle, mentre ricerchiamo nella ragione, in Dio, o nell'ipocrisia, un senso di suprema comprensione, di bonaria rassegnazione.
Siamo davanti al significato di un sogno qualsiasi o al senso di ogni esistenza?

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