...perché le pupille abituate a copiare
inventino i mondi sui quali guardare.

sabato 22 ottobre 2011

Vedere gli occhi di un uomo che muore.

Se Gheddafi avesse ucciso una persona a me cara e se poi l'avessi avuto davanti, in mio potere, cosa avrei fatto?
Se Gheddafi per lunghi decenni avesse oppresso la mia patria, non avrei forse sognato di sopprimerlo, di porre fine alla sua crudeltà? 
Domande cui non so rispondere.
Quello che so è che lo spettacolo che ho visto nei giorni scorsi, quello di un uomo inerme, terrorizzato, forse ferito a morte, non mi ha suscitato rabbia, bensì una pietà immensa, così forte da tradursi in malessere; e nausea profonda, quando all'individuo martoriato si è sostituito un freddo cadavere.
Io in quei fotogrammi confusi non sono riuscito a riconoscere il folle dittatore, ma soltanto un piccolo uomo. 
Attorno a lui folle di persone fuori di sé, inebriate dalla vittoria e dalla sua agonia, bramose della sua fine. 
E le folle, si sa, sono la cosa più disumana che esista.
Volete la pazza verità?
Quando quelle scene di violenza estrema mi balenavano sotto gli occhi, mi tornavano alla mente i tempi in cui andavo a pescare: nello sguardo vacuo e stordito di colui che era stato il più potente, riconoscevo quello del  pesce ingannato, forato sul muso e obbligato alla lenta asfissia dell'aria aperta, in religiosa attesa della sentenza: essere ributtato nel lago oscuro o morire brutalmente sbattuto su una pietra. 
Come in Italia anni fa, con Mussolini, e come con mille altri dittatori in ogni luogo ed epoca, ha vinto la brutalità, la vendetta servita calda. Il più grande prepotente diventa il capro espiatorio, viene linciato perché con lui muoia tutto il male che ha provocato. Una cruenta palingenesi che banalizza la realtà e fa tutti buoni a fronte di un solo cattivo. Non importa che l'ordine nuovo poggi su molte figure che avevano allegramente sguazzato negli anni fiorenti del regime. Ciò che conta è che la facciata sia salva, che il malvagio muoia senza avere tempo di indicare con il dito, uno ad uno, coloro che l'hanno tradito. 
Una storia vecchia, dicevo.
Però io non volevo parlare di storia o di politica, ma di semplice pietà.
Come può un ordine nuovo di pace e di giustizia fondarsi su un assassinio, per quanto motivato esso sia?
Neppure la Chiesa, mi pare, ha mostrato ufficialmente un briciolo di pietà per il tiranno ammazzato, mentre Gesù non esitò a redimere il ladrone agonizzante sulla croce: e quando fu decisa la sua morte, decise di non reagire, affermando che la violenza genera altra violenza, l'assassinio altri assassinii.  
Ma non sono valori solamente cristiani, quelli che cerco di esprimere, bensì valori laici, ovvero che possono coinvolgere l'intera umanità. E prima che valori, sono sentimenti; compassione significa infatti soffrire insieme alla persona che si ha dinnanzi. Essa si trasforma poi in un principio morale, la pietà.
Avere compassione di un uomo, chiunque egli sia, rinunciare alla propria vendetta in nome della giustizia, scegliere d'essere superiori ad un branco di animali ... soltanto quando ciò accadrà nutrirò qualche speranza in più nella redenzione terrena dell'uomo e un ragionevole ottimismo sulle "magnifiche e progressive" sorti dei popoli. 
  





  

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