...perché le pupille abituate a copiare
inventino i mondi sui quali guardare.

lunedì 27 giugno 2011

Survival.

A thousand years from this tonight
When Orion climbs the sky,
the same swift snow will still the roofs,
the same mad stars run by.

And who will know of China's war,
Or poison gas in Spain!
The dead ... they'll be forgotten, lost
Whether they lose or gain.

Of all the brilliant strategies
Of war-lords now alive,
Perhaps a Chinese iris vase
Of porcelain, may survive ...

Perhaps a prayer, perhaps a song,
fashioned of love and tears,
But only beauty, ...only truth
 
will last a thousand years.



Margaret Moore Meuttman, 1948

venerdì 10 giugno 2011

Perché.

Domenica e lunedì, 12 e 13 giugno 2011, tutti gli italiani sono chiamati ad esprimere la propria opinione su questioni di vitale importanza. E' inutile dirvi che io andrò a votare e che metterò quattro croci su quattro SI.
Non è questo il punto. Il referendum è uno strumento fondamentale per una vera democrazia, perché permette a ciascun cittadino di esprimere la propria opionione riguardo alle leggi, confermando la propria fiducia al governo, oppure affermando la propria disapprovazione verso alcune decisioni prese da esso.
Al di là di quale sia il vostro pensiero, scrivo questo appello per invitarvi ad andare a votare.
E' importante che ciascuno esprima il proprio volere.
Non andare a votare significa non credere abbastanza nelle proprie idee, significa indifferenza, significa lasciare che qualcun'altro prenda decisioni importanti al nostro posto.
Io voglio credere nella possibilità che questo paese abbia ancora le risorse per migliorare, per crescere, per guardare al futuro. E voi? Dimostrate con il vostro voto che ancora vi interessa qualcosa dell'Italia; fatelo, con un "sì" o con un "no". Raggiungere il quorum non significa permettere ai "sì" di vincere; significa anche, in questo momento, far vedere ai nostri politici (ma anche al mondo) che vogliamo rimanere una democrazia, che vogliamo poter prendere decisioni importanti, che ci meritiamo la possibilità di scegliere cosa sia meglio o peggio per noi, per i nostri figli, per i nostri nipoti.
Andare a votare è IMPORTANTE, sempre e comunque. Assumetevi questa responsabilità, fatelo prima di tutto per voi stessi. Fatelo, perché è un diritto per cui qualcuno, prima di noi, ha lottato. Fatelo, perché è un diritto per il quale ancora qualcuno nel mondo combatte. Fatelo, perché è lo strumento della democrazia che tutti desideriamo. Fatelo, perché non farlo significa assumersi una responsabilità ancora più grave.

domenica 5 giugno 2011

Il ruolo dell'intellettuale.

Corriere della Sera, 14 novembre 1974


Cos'è questo golpe? Io so


Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum".
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio "progetto di romanzo", sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il '68 non è poi così difficile.
Tale verità - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1° novembre 1974.
Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi.
Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi.
A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.
Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha né prove né indizi.
Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi.
Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi.
Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.
Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.
All'intellettuale - profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana - si deferisce un mandato falsamente alto e nobile, in realtà servile: quello di dibattere i problemi morali e ideologici.
Se egli vien messo a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida subito (come se non si aspettasse altro che questo) al "tradimento dei chierici" è un alibi e una gratificazione per i politici e per i servi del potere.
Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere. In Italia questa opposizione è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano.
È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all'opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico. In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario - in un compatto "insieme" di dirigenti, base e votanti - e il resto dell'Italia, si è aperto un baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un "Paese separato", un'isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità. È possibile, proprio su queste basi, prospettare quel "compromesso", realistico, che forse salverebbe l'Italia dal completo sfacelo: "compromesso" che sarebbe però in realtà una "alleanza" tra due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell'altro.
Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano ne costituisce anche il momento relativamente negativo.
La divisione del Paese in due Paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella degenerazione, l'altro intatto e non compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività.
Inoltre, concepita così come io l'ho qui delineata, credo oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese, l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere.
Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch'essi come uomini di potere.
Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch'essi hanno deferito all'intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l'intellettuale viene meno a questo mandato - puramente morale e ideologico - ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore.
Ora, perché neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e delle spaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono - a differenza di quanto farebbe un intellettuale - verità politica da pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch'essi mettono al corrente di prove e indizi l'intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com'è del resto normale, data l'oggettiva situazione di fatto.
L'intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.
Lo so bene che non è il caso - in questo particolare momento della storia italiana - di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno. Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che - quando può e come può - l'impotente intellettuale è tenuto a servire.
Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana.
E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi "formali" della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista.
Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi.
Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato.



Pier Paolo Pasolini

venerdì 20 maggio 2011

Due libri.

Leggo moltissimo. Mi tocca farlo prima di tutto per il mio "lavoro" non retribuito; ovviamente, poi, devo leggere tanto per motivi di studio. Di tempo per leggere romanzi, però, me ne rimane proprio poco. E anche quando c'è, manca la concentrazione. Così è andata a finire che gli ultimi due libri che ho letto siano stati dei gialli, che io trovo molto distensivi e che spesso, pur non trattandosi di "letteratura impegnata", contengono comunque delle piccole lezioni. O almeno degli spunti di riflessione.
Perciò oggi mi va di suggerirli, magari da leggere sotto l'ombrellone o dopo una passeggiata in montagna. 


Il primo, letto in lingua originale, è Murder on the Orient Express di Agatha Christie. Ho iniziato a leggere i gialli di questa scrittrice quando ero alle medie e questo, insieme a Ten little indians e The murder of Roger Ackroyd, è sicuramente uno dei più riusciti. Cervellotico come sempre, con l'inimitabile Poirot, si svolge in tempi brevissimi su un treno (il celebre Orient Express, per l'appunto). E riserva un finale inaspettato, che contiene un forte messaggio sul concetto di "giustizia". Dà molto da pensare, in un certo senso mette in crisi alcuni valori che generalmente riteniamo indiscutibili. 






Il secondo, invece, è uscito di recente. Si tratta di Tua, dell'autrice argentina Claudia Piñeiro. Anche questo ha il pregio della velocità, si legge d'un fiato (io l'ho finito in poche ore). Assolutamente folle, con una trama degna di Woody Allen (in un certo senso mi ha ricordato Crimini e misfattiMatch point). Il fulcro qui non è tanto l'omicidio, non ci sono misteri da svelare. Claudia vuole governare il caso e modificare gli eventi. E alla fine...?

mercoledì 11 maggio 2011

Una questione di bollicine

Il fatto che l'ultimo post risalga a ormai più di un mese fa non significa che nel frattempo io abbia smesso di pensare. Anzi, ho formulato alcuni pensieri di un certo interesse, solo che poi non ho trovato (o non ho voluto trovare) il tempo per metterli per iscritto.

1) Grazie a un'intuizione - a mio parere geniale - di mia sorella, ho deciso che d'ora in avanti uno dei metodi che userò per decifrare le persone sarà scoprire se bevano acqua frizzante oppure naturale. In effetti da quando ho deciso di passare dall'acqua liscia a quella con le bollicine la mia vita ha preso una piega tutta diversa. La scelta dell'acqua è indicativa di davvero un milione di cose.

2) Alla domanda (che non mi ero mai posta): qual è la tua canzone preferita dei Beatles?, ho risposto senza nemmeno troppo esitare che si tratta di Norwegian wood...quindi probabilmente è così, anche se, pur avendoci riflettuto a posteriori, non so spiegarmi il perché. Adoro i complessi meccanismi della mente umana!

3) Avendone conosciuti ben cinque di persona, posso confermare che i tunisini che fuggono dal loro paese e che sbarcano a Lampedusa sono degli esseri umani. Non che io avessi mai avuto dubbi al riguardo, ma mi pare che qualcuno ancora stenti a crederci, quindi ho ritenuto importante riportare la mia diretta testimonianza.

4) Mi sono chiesta se io sia mai stata realmente altruista. Probabilmente se mi impegnassi a rievocare eventi passati, scoprirei di aver fatto qualcosa di buono per qualcuno almeno una volta solo ed esclusivamente per il bene dell'altro. Deve essere capitato. Il punto è che al momento, per quanto io ci pensi, mi sembra che tutte le cose altruiste che ho fatto e che ancora faccio siano sicuramente finalizzate al bene altrui, ma che io le abbia fatte e le stia facendo perché fanno bene soprattutto a me. 


5) Mi rendo conto che il punto 4 è piuttosto "pesante" ed è emblematico di quanto io riesca in modo magistrale a rendere sempre tutto molto "pesante": rimuginando troppo, pretendendo troppo, caricando troppo ogni cosa di significati, arrabbiandomi troppo per delle sciocchezze, dando troppa importanza a questioni futili. Insomma, nella mia vita, a voler ben guardare, ci sono troppi "troppo" che vorrei diventassero "il giusto".


6) Questo porta dritti dritti al punto 6. Il punto 6 è un proposito: vivere con leggerezza, ma una leggerezza misurata. Con i piedi appoggiati per bene a terra, ma con la testa sufficientemente ossigenata. Ho voluto sancire simbolicamente questa mia personalissima iniziativa mettendo da parte la mia solita borsa enorme e piena di troppe cose (che quasi mai mi servono davvero) per sostituirla con la prima borsa piccola della mia vita: per il necessario, ma con sufficiente spazio per una biro a fiori, che non è essenziale, ma importante.



mercoledì 6 aprile 2011

"Nel mare ci sono i coccodrilli", ovvero l'Isola Che Non C'è.

Un libro letto mesi fa, letto velocemente, chiuso con le lacrime agli occhi.
Una storia vera, così vera da sembrare assurda. E in questi giorni ancora più attuale.
Giorni in cui uno sputo di terra (più vicino all'Africa di quanto non lo sia la mia città da lui) invaso da centinaia di uomini, alla ricerca.
Un problema spinoso, che tocca il cuore di tutti, che preoccupa.
Io non so dire se sia giusto o sbagliato che loro vengano qui. 
Quello che so, con assoluta certezza, è che non lascerei il mio paese, la mia famiglia, tutto quello che ho - poco o tanto che sia. So che non affronterei il mare rischiando la vita, senza sapere quel che mi attende dall'altra parte; nemmeno sapendo quello che c'è ora dall'altra parte.
So che in questo momento l'Unione Europea, per come io la concepisco, non esiste. Una moneta non è sufficiente, in casi come questi, quando realmente si avverte il bisogno di un aiuto reciproco. Una moneta può essere assolutamente inutile se il problema è così terribilmente umano.
Lampedusa ha bisogno di un aiuto e mi chiedo da dove debba arrivare, se non dall'Europa. 

Ed è vero, noi italiani, grazie al cielo e purtroppo, siamo buoni e su un'isola stiamo offrendo uno spazio che non c'è.
Io non so quale sia la soluzione. So però un'altra cosa. Che quelli che arrivano ammassati sui barconi sono esseri umani, non bestie. Che sicuramente tra di loro ci saranno dei delinquenti, così come ogni giorno ne vediamo camminare per strada, ma ci sono anche tante persone buone, semplicemente disperate. Persone che chiedono un aiuto, disposte a lasciarsi tutto alle spalle, che magari abbandonano i loro figli sapendo che non li rivedranno per troppo tempo. Io non chiedo tanto, chiedo solo di essere altrettanto umani. Ci vuole tanto a tentare di comprendere? Senza questo sforzo il problema di Lampedusa - che è un problema di tutti gli italiani - rimarrà irrisolto.
***
Consiglio la lettura di "Nel mare ci sono i coccodrilli" di Fabio Geda e di questo articolo di pochi giorni fa di Adriano Sofri pubblicato su Repubblica: Se io fossi un tunisino.

martedì 5 aprile 2011

Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria...

Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri,
china e distante sugli elementi del disastro,
dalle cose che accadono al di sopra delle parole
celebrative del nulla,
lungo un facile vento
di sazietà, di impunità.
Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso,
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta, la maggioranza sta.
Recitando un rosario
di ambizioni meschine,
di millenarie paure,
di inesauribili astuzie,
coltivando tranquilla
l’orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta.
Come una malattia,
come una sfortuna,
come un’anestesia,
come un abitudine.



Fabrizio De Andrè
Smisurata Preghiera




Credere nel proprio pensiero, credere che ciò che è vero per voi, personalmente per voi, sia anche vero per tutti gli uomini, ecco, è questo il genio. Date voce alla convinzione latente in voi, ed essa prenderà significato universale. 


R. W. Emerson