...perché le pupille abituate a copiare
inventino i mondi sui quali guardare.

venerdì 23 settembre 2011

Abituarsi all'orrore.

Come in un lampo, la lunga, coatta permanenza nella piccola stazione gli fece comprendere i meccanismi dell'uniformazione e del rincoglionimento generale. Annunci pubblicitari iterati e iterati, fino alla nausea dell'infinito, brandelli ossessivi di canzoni, voci disumane snocciolanti il loro credo: "Compra!".
L'aria era satura di decadenza, densa d'assenza di pensiero. L'eco di quelle pubblicità era irresistibile: scendeva nelle profondità dell'anima, imprimeva il suo eterno sigillo sui suoi neuroni innocenti.
Prima non era così. Poi dal nulla queste voci, e nessuno a lamentarsi. In effetti nessuno pareva averle notate e così erano divenute il "normale" sottofondo della piccola stazione.
Tanto radicato da non badarci più, esattamente come la pubblicità tra le pause dei film, che fissiamo a bocca spalancata senza ragione, per forza d'inerzia. 

Per forza d'inerzia il brutto e la volgarità stanno sempre più invadendo i nostri spazi vitali, i luoghi comuni che ospitano il nostro passare. Colpa, per dirla con gli antichi commediografi Greci, della "disaffezione dei più al bello".





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